Eagles: Hotel California

 

 

Uscito il/nel: 8 Dicembre 1976 

Etichetta: Asylum 

Numero di catalogo: 7559-60509-2
Durata: 43' 33" 

 

Tracce:

LATO A

01. Hotel California (Felder, Henley, Frey)

02. New Kid In Town (Henley, Frey, Souther)

03. Life In The Fast Lane (Henley, Frey, Walsh)

04. Wasted Time (Henley, Frey)

05. Wasted Time - reprise - (Henley, Frey, Norman)

LATO B

01. Victim Of Love (Felder, Souther, Henley, Frey)

02. Pretty Maids All In a Row (Walsh, Vitale)

03. Try And Love Again (Meisner)

04. The Last Resort (Henley, Frey)

 

Singoli:

New Kid In Town/Victim Of Love (#1  il  26 Febbraio 1977)

Hotel California/Pretty Maids All In a Row (#1  il 7 Maggio 1977)

Life In The fast Lane/The Last Resort (#11 nel Giugno 1977) 


Luciano, una delle persone a me più care, un vero amico, mi chiede di questa storica incisione. 

Ne avrei scritto comunque, come facilmente potete immaginare, forse più avanti, ma la sete di sapere di un uomo di modi gentili e cultura (ed il rock è cultura...), qual'è certamente Luciano, non può attendere per cui eccomi qui...

Mi sono chiesto più volte, sapete, come avrei impostato questa recensione giacché non si tratta semplicemente di un disco, uno dei tanti che hanno procurato fama e denaro agli autori: qui andiamo ben oltre, trascendendo persino in fatti che con la musica hanno poco a che vedere. C'è chi vi ha visto un'invettiva contro gli stupefacenti, chi un velato significato mistico, chi, addirittura, un'impronta satanista: dolente di deludere le aspettative ma spero ardentemente che questa analisi contribuirà a far luce su molti punti oscuri e sfatare altrettanti luoghi comuni su questo vinile incandescente.

E' il 1976, non un anno a caso. Gli USA si apprestano a festeggiare il bicentenario dell'indipendenza e James Earl Carter, un giovane Democratico, si è appena insediato alla Casa Bianca. Il nuovo Presidente si fa chiamare Jimmy, come potrebbe chiamarsi il vicino di casa di ogni Americano, rifiuta le formalità e dispensa larghi sorrisi ai media, quasi a voler rassicurare la popolazione che il "new deal" proseguirà a dispetto dell'alternanza politica: a qualcuno sembrerà incredibile ma questo lavoro getta le sue solidissime basi proprio a partire da qui.

Gli Eagles hanno appena sostituito il "purista acustico" Bernie Leadon con il "rampante elettrico" Joe Walsh: Bernie se n'è andato sbattendo la porta ("... Sembra che tutto qua dentro debba ricondurre a sesso, alcool e denaro ma la mia musica non ha bisogno di sponsor: vado per la mia strada!") ed a Joe è stata riaperta con tanto di passatoia stesa ("... La band ha molto più bisogno di un personaggio come Walsh che del musicista Leadon..." dicharerà l'amico Jackson Browne) mentre Randy Meisner, corpulento bassista del Nebraska, comincia a dare segni di insofferenza. 

Gli aquilotti sono all'apice della fama, One Of These Nights è stato un successo commerciale ed un tour trionfale attorno al globo, la raccolta che segue, Eagles-Their Greatest Hits 1971-1975, polverizza ogni record ma la defezione di Leadon offre il polpaccio al crotalo di turno della carta stampata e la band viene accusata di aver "perso il fuoco sull'impegno sociale" (!) oltre che, parrebbe assurdo, di "decadenza fisica" (Henley, il "vecchio", ha solo 29 anni...).

La difesa è affidata allo stesso Henley che in un'intervista spiega come "nessuno abbia mai avuto bisogno di votare per Mc Govern" e che "sollevare la gente dalle proprie abitudini non significhi pretendere di farne dei militanti". Il batterista, inoltre, invita i giornalisti del rotocalco incriminato (Rolling Stone) ad un "regolamento di conti" su un diamante per il baseball, non appena terminati i lavori del nuovo album. 

Benché nasca in questo clima non certo da idillio, Hotel California è un concept album che tratta del "sogno Americano"; il solito Henley affermerà: "è stato tutto ok per 200 anni ma ora dobbiamo sforzarci di cambiare per andare avanti..."

I ragazzi hanno ormai sufficiente esperienza musicale e di show-business da potersi considerare navigati e disillusi e parlano con disinvoltura di altari e polvere, stelle e stalle, sogni infranti da un sano pessimismo cosmico ma, alla fine, c'è sempre la voglia di ricominciare e la speranza di un nuovo futuro. 

Stavolta partiamo dal fondo...

The Last Resort pone l'accento sull'ambiente, ripercorrendo la storia a partire dai primi sbarchi dei Padri Pellegrini e passando attraverso le pianure dei Nativi Americani che "amavano la loro terra", sterminati dall'uomo bianco affamato di potere. Oltre sette minuti e mezzo di spietata ma lucida analisi, sulla geniale orchestrazione di Jim Ed Norman.

Mentre il protagonista di Try And Love Again valuta se lanciarsi in una nuova storia d'amore dopo una delusione, Joe Walsh, insieme a Joe Vitale, riflette, con un'insolita Pretty Maids All In a Row, sulle difficoltà di imparare le lezioni del passato e maturare e sembra priva di senso l'ipotesi di un collegamento con l'omonimo film di Roger Vadim.

Victim Of Love sottolinea come gli improbabili amori nati nel mondo dorato di Beverly Hills e dintorni abbiano fondamenta estremamente labili e lascino un vuoto fotografato molto bene nella precedente Wasted Time che esorta però a far tesoro anche delle esperienze sbagliate.

In una sala prove nasce Life In The Fast Lane: Glenn sta ascoltando Joe che sta scaldando le dita e dopo un paio di giri di quel riff gli dice "... tienilo: è un pezzo...". Curioso anche come il titolo provenga dallo stesso Glenn: in auto con "The Count", un noto pusher di L.A., gli chiede di rallentare ma per tutta risposta ottiene "... Slow down? What do you mean? It's life in the fast lane!". Il brano racconta degli eccessi di una coppia e diventerà un singolo in Maggio che si assesterà all'undicesimo posto nel mese successivo.

E' comunque New Kid In Town il primo asso nella manica. Una scanzonata ballata su quanto siano effimere le mode e, soprattutto, la celebrità. Sabato 26 Febbraio 1977 aprendo Billboard si può notare il brano in cima alla classifica e a fine anno sarà Grammy Award per i migliori arrangiamenti vocali.

Ed eccoci finalmente alla tanto discussa Title Track...  

L'intelligente progressione armonica pare sia farina del sacco di Don Felder ma quello che rimane impresso è lo splendido assolo finale in cui si alternano prima ed intrecciano poi le chitarre di Felder e Walsh.

Il testo, geniale nelle sue immagini grottesche e a tinte forti, è opera di Don e Glenn e parla di un viaggiatore che si ferma in uno strano albergo nel quale rimane, suo malgrado, intrappolato. Il significato è proprio quello della vita agli estremi verso la quale vengono spinti i forestieri approdati nel microcosmo californiano di quegli anni: è doveroso, infatti, ricordare come nessun membro della band abbia radici nel Golden State e come L.A. appaia tentacolare ed intrigante nei confronti dei nuovi arrivati (Henley dichiarerà in un'intervista: "...La prima volta che ho percorso il Sunset Boulevard sembrava che le luci non finissero mai..."). Questo "surfin' lifestyle", che ha trovato nei Beach Boys i suoi primi profeti, è difficile da abbandonare, una volta entrati nella spirale, ma reggerne il passo non è cosa da tutti e molti finiscono per autodistruggersi o tornare ai luoghi natii dilaniati da rimorsi e rimpianti. 

Il 7 Maggio Hotel California balza in testa alla classifica, l'album venderà 16 milioni di copie nei soli Stati Uniti e i Grammy Award come miglior brano e miglior album saranno una più che logica conseguenza. Innumerevoli le cover ma citeremo quella dei Gipsy King divenuta famosa anche in Italia ed inserita nella colonna sonora del film Il Grande Lebowski. Tra le versioni più apprezzate da notare quella acustica, inserita nell'album Hell Freezes Over del 1994, e quella presente nel DVD del Live in Melbourne: Farewell Tour I, dove l'intro di chitarra è preceduta da un'interessante ouverture di tromba, suonata da Billy Armstrong, che ricorda vagamente il Concierto de Aranjuez di Joaquin Rodrigo.


Forse non sapevate che...

Al termine delle registrazioni dell'album, Randy Meisner abbandonerà il gruppo per "manifeste incomprensioni con gli altri membri della band". Sarà sositutito da Timothy Schmit che, curiosamente, l'aveva già sostituito nei Poco nel 1970...

Sono fiorite una quantità di leggende relative a presunti significati oscuri nel brano Hotel California ma sono tutte quante prive di fondamento...

Un'ipotesi parla di una metafora riguardante il cancro...

Un'altra parla di un'allegoria sull'uso e la dipendenza da stupefacenti...

Secondo un'altra teoria, il brano sarebbe riferito al Camarillo State Mental Hospital, un manicomio della California, ed agli abusi cui sarebbero stati sottoposti i pazienti. L'equivoco pare dovuto al campanile dell'edificio nel quale alcuni identificano il "mission bell" citato nel testo...

La più diffusa e bizzarra congettura, invece, riguarda significati satanisti. Ciò che ha acceso la miccia sono alcune frasi considerate sibilline: "they can't kill the beast" e "we haven't had that spirit here since 1969". Mentre la prima non ha bisogno di spiegazioni, la seconda  sarebbe un cervellotico riferimento alla strage di Bel Air, avvenuta appunto il 9 Agosto di quell'anno...

C'è chi addirittura si è preso la briga di far scorrere il disco al contrario per individuare tre presunte frasi, verso la fine del brano: "The evil thing named blister" (la cosa cattiva chiamata vescica - intesa come bolla da sfregamento o ustione - n.d.w.), "Are you playing the end with the scanner" (stai suonando la fine attentamente? - se questa è una traduzione... - n.d.w.) e "Oh, his own wise self and his magic self" (oh, la sua sapienza, la sua magia).  Inutile dirvi che l'ho fatto anch'io ed il risultato è che nella prima "The evil..." appare improbabile, le altre due sono un pò più distinte ma vorrei sapere quale possa essere il riferimento satanista in questione. Per avere la prova del nove ho reinciso io stesso il brano ed... Et voilà: facendolo scorrere al contrario si sentono le stesse identiche cose...

Si dice che nella foto di gruppo sul retro di copertina, a destra, spuntino due diavoli e in un arco superiore si possa notare la testa rasata di Anton Lavey, fondatore della "chiesa di satana" a San Francisco. Orbene, con le opportune correzioni, ho una vista da tiratore scelto ma di diavoli neanche l'ombra e per quanto riguarda la testa rasata a me sembra più che altro un capellone...

Persino facendo scorrere al contrario Wasted Time  si potrebbe udire "...I have a mind of satan...": stavolta niente riprove perché ho già perso tempo a sufficienza dietro a scempiaggini di visionari...

Le "colitas" nominate nella prima strofa sarebbero profumati fiori tipici dei climi aridi. Sembra probabile, invece, stavolta, che il termine sia inteso come "piccole code" ossia le cime della pianta di marijuana...

La frase "steely knives" si direbbe un scherzo nei confronti della band Steely Dan che nella loro Everything You did canterebbero "turn up the Eagles, the neighbors are listening!"...

Molti alberghi della zona, tutt'oggi, si attribuiscono la paternità sull'ispirazione del brano ma Henley ha smentito più volte queste fantasie ed in effetti l'hotel che appare in copertina esiste ancora ed è il Beverly Hills Hotel di L.A....

Tra le cover più curiose c'è quella della band Rumena Vama Veche: nonostante le parole siano molto differenti, il senso del brano si riferisce alle allucinanti condizioni dei dormitori per studenti di quel paese alla fine degli anni '90... 

Hey, mi stavo dimenticando della sfida a baseball... Tranquilli, niente "partita del cuore" al Memorial Coliseum con TV, lazzi e Frizzi. In un piccolo stadio di periferia, per pochi intimi, i cinque ragazzi, coadiuvati dagli immancabili Jackson Browne e J.D. Souther, oltre ad altri membri dell'entourage ed al bassista dei Chicago Peter Cetera, affrontano i loro accusatori. Eagles in vantaggio 3-0 subito ma all'inizio del terzo inning la situazione è nuovamente in parità. La band decide di inserire il turbo e alla ripresa successiva si riporta sul 6-3. Nulla di fatto nel quinto inning ma il sesto vede Henley & Soci spadroneggiare indisturbati per un umiliante parziale di 12-3. Solo nell'ottava frazione i poveri giornalisti rialzano la testa, compiendo un paio di giri, ma l'ultima vede ancora un 3-2 in favore delle aquile per un pesante 15-8 finale. Con buona pace di Bacco, Tabacco, Venere e...


     

                                                                          Joe Walsh al piatto...                                Glenn Frey su una base...

 

 
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